RISPOSTA: Il "mobbing" è un fatto illecito, consistente nella sottoposizione del lavoratore ad azioni che, se pur singolarmente considerate non presentano carattere illecito, nel loro complesso risultano moleste e attuate con finalità persecutorie, tali da rendere penosa per il lavoratore la prosecuzione del rapporto di lavoro o anche il semplice recarsi sul posto di lavoro.
Il "mobbing" in pratica consiste in un comportamento reiterato nel tempo, da parte di una o più persone, colleghi o superiori della vittima, teso a isolarla e a respingerla dall'ambiente di lavoro, con conseguenze negative dal punto di vista, sia psichico sia fisico.
Gli atteggiamenti tipici del "mobbing" individuati dalla psicologia del lavoro come idonei a colpire il lavoratore menomandone la capacità lavorativa e la fiducia in se stesso sono, a parte le situazioni scolastiche della ripetizione di richiami, note di biasimo e sanzioni disciplinari, demansionamenti, sottrazioni ingiustificate di benefits o vantaggi precedentemente attribuiti, che devono presentarsi con carattere di ripetitività e di continuità nel tempo.
RISPOSTA: La questione del trasferimento del lavoratore da una sede di lavoro ad un'altra trova la sua disciplina nell' art. 2103 II° comma c.c., così come riformato dall'art. 13 della L. 300/70 (c.d. Statuto dei Lavoratori) il quale testualmente recita "Egli (il lavoratore) non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive".
In altre parole, il datore di lavoro non può arbitrariamente disporre il trasferimento di lavoratori senza spiegare e provare l'esistenza di un motivo che oggettivamente giustifichi il trasferimento.
Ad esempio può essere considerato legittimo, ex articolo 2103 c.c., il trasferimento del lavoratore disposto per incompatibilità aziendale, qualora tale incompatibilità determini disorganizzazione e disfunzione nell'unità produttiva, tali da indurre il datore di lavoro a spostare il lavoratore, semprechè tale provvedimento non nasconda finalità punitive; naturalmente grava sul datore la prova, rigorosa, che la permanenza del lavoratore all'interno dell'unità produttiva possa compromettere l'organizzazione del lavoro all'interno di essa, ed in caso contrario il provvedimento, impugnato davanti al giudice, viene dichiarato illegittimo e quindi annullato.