Con questo strumento è possibile effettuare alcune simulazioni relative al calcolo del pignoramento dello stipendio o della pensione, sia per i debiti verso soggetti pubblici e privati che nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.
L’applicazione calcola l’importo pignorabile dello stipendio o della pensione sulla base dei limiti di legge previsti dall’art. 545 c.p.c. ed altre norme descritte di seguito, determinando inoltre lo stipendio o la pensione disponibili in seguito al pignoramento.
Inserendo nel campo "Totale da pignorare" la somma complessiva oggetto di pignoramento, ossia l’importo indicato in precetto più le spese legali successive liquidate dal giudice, l’applicazione effettuerà una stima del numero di mensilità necessarie per l’estinzione del debito (il calcolo si basa esclusivamente sullo stipendio o sulla pensione indicati e non può tenere conto di eventuali aumenti futuri o compensi extra).
L’applicazione distingue anche il caso di stipendio o pensione già accreditati sul conto corrente prima del pignoramento e consente di specificare una percentuale diversa da quella prevista per legge in caso di "crediti alimentari", ossia i crediti che riguardano assegni di mantenimento per separazione/divorzio, assegni per i figli ecc.
L’art. 545 c.p.c. stabilisce limiti e modalità del pignoramento di somme percepite sia a titolo di stipendio che a titolo di pensione o altre indennità riconducibili al rapporto di lavoro.
La disciplina generale rientra nel c.d. pignoramento presso terzi che consiste nel pignorare somme di denaro non direttamente al debitore esecutato ma ad un "soggetto terzo", detto "terzo pignorato", che a sua volta ha un debito nei confronti del debitore esecutato (in altri termini il debitore del debitore).
Non vi sono sostanziali differenze tra pignorare uno stipendio ed una pensione se non per quello che riguarda alcuni limiti che il legislatore ha previsto espressamente per queste ultime.
L’atto di pignoramento deve sempre essere notificato sia al debitore che al "terzo pignorato".
In caso di accredito delle mensilità sul conto corrente il creditore può scegliere di pignorare le somme non alla fonte (il datore di lavoro o l’ente previdenziale) ma presso la banca che gestisce il conto corrente e che diventa così il "terzo pignorato".
Il comma 4 dell’art. 545 stablisce che la quota massima pignorabile dello stipendio è pari a 1/5 sia per i tributi dovuti allo Stato che per ogni altro credito.
Per le pensioni e le indennità percepite a titolo di pensione, inclusi i trattamenti di quiescenza, come ad es il TFR (trattamento di fine rapporto) il legislatore ha previsto un ulteriore limite, detto limite minimo vitale, che non può essere pignorato in alcun modo.
Il comma 7 dell’ art. 545 stablisce infatti che è possibile pignorare solo la parte eccedente 2 volte l’importo dell’assegno sociale aggiornato annualmente dall’INPS.
Per il 2024 l’assegno sociale ammonta a € 534,41 e pertanto la quota impignorabile è pari a € 1.068,82.
Per le pensioni valgono inoltre le stesse regole previste per il pignoramento dello stipendio, ossia i commi 3, 4 e 5 oltre alle altre disposizioni di legge, il che significa che della parte eccedente il minimo vitale è possibile pignorare solamente 1/5.
Fino al 2022 il limite non pignorabile era 1,5 volte l’assegno sociale ed è stato innalzato a 2 volte dall’art. 21-bis del D.L. 115/2022 (decreto "aiuti bis").
In caso di pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate nei confronti dei contribuenti morosi, l’Art. 72-ter del D.P.R. 602/1973 stabilisce che la frazione pignorabile, tenendo conto dei limiti sopra descritti, varia in funzione dello stipendio o della pensione mensile percepita, ossia:
1/10 fino a € 2.500,00.
1/7 da € 2.500,01 fino a € 5.000,00.
1/5 da € 5.000,01 in su.
Il comma 8 del art. 545 stabilisce che nel caso in cui se le somme dovute a titolo di stipendio o pensione siano state accreditate sul conto in data anteriore al pignoramento, è possibile pignorare la parte eccedente 3 volte l’assegno sociale, ossia la giacenza sul conto corrente che eccede la somma di € 1.603,23.
Se l’accredito avviene invece a partire dalla data del pignoramento, o in una data successiva, valgono i limiti sopra descritti previsti dai commi 3, 4, 5, 6 e 7 dell’art. 545.
Nota: In caso di stipendio o pensione già accreditati sul conto prima del pignoramento, se la giacenza al netto del limite di cui sopra non ha capienza sufficiente a coprire l’intero debito, le mensilità accreditate successivamente sul conto potranno essere pignorate sempre entro gli stessi limiti di cui ai citati commi.
Esempio:
Su un debito di 5.000,00 Euro ed una giacenza di 3.000,00 Euro sul conto corrente (sul quale sono già confluiti gli accediti della pensione), potrà essere pignorato inizialmente un importo pari a 1.396,77 Euro.
I rimanenti 3.603,23 Euro del debito dovranno essere pignorati sullo stipendio o sulla pensione mensile tenendo conto dei limiti di legge.
Il comma 3 del art. 545 stabilisce che per i crediti alimentari la quota pignorabile possa essere stabilita dal presidente del tribunale o da un giudice delegato.
Tra i crediti alimentari rientrano:
L’assegno di mantenimento per il coniuge in caso di separazione o divorzio.
L’assegno per i figli.
Gli alimenti per i familiari in stato di bisogno.
I commi 1 e 2 del art. 545 stabiliscono quali sono le somme percepite che non possono essere in alcun modo pignorate, ossia:
I crediti alimentari (v. sopra).
Sussidi di sostentamento (es: pensione sociale e assegno sociale).
Sussidi e bonus per maternità.
Sussidi per malattia o funerali.
Polizze vita.
Avvertenza:
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