Tabelle del Tribunale di Roma
Utility per il calcolo del danno non patrimoniale da perdita parentale secondo la metodologia elaborata dal Tribunale di Roma.
NOTA: come in tutte le altre applicazioni per il calcolo del danno da lesioni (micropermanenti e danno non patrimoniale), per qualsiasi necessità, puoi effettuare il calcolo con le tabelle degli anni precedenti a partire dal 2009.
Se non conosci l'età del congiunto o della vittima puoi ricavarle a partire dalla data di nascita o dal codice fiscale tramite questa applicazione.
Per "congiunto" si intende colui che è legittimato a chiedere il risarcimento del danno da perdita parentale. Il termine "Congiunto" è utilizzato in senso ampio, intendendosi anche la persona convivente non legata da rapporto di parentela.
A seguito della morte di una persona verificatasi in conseguenza di un incidente causato dalla condotta illecita altrui, coloro che al momento del decesso si trovavano in una relazione affettiva con la vittima hanno diritto, ove ne provino l'esistenza, al risarcimento del danno alla propria integrità psico-fisica, patita a causa dell'evento luttuoso che li ha colpiti. Tale tipologia di danno viene comunemente detto "danno da perdita parentale" o "danno parentale".
I criteri orientativi del Tribunale di Roma tengono in considerazione alcuni fattori che contribuiscono alla quantificazione economica del risarcimento.
1) il rapporto di parentela esistente tra la vittima ed il congiunto
avente diritto al risarcimento, dovendosi presumere che, secondo l'id quod plaerunque accidit,
il danno è tanto maggiore quanto più stretto è tale rapporto;
a tal proposito è bene precisare che il convivente che rivendica il diritto al risarcimento
deve dare prova di avere avuto una relazione stabile e prolungata nel tempo con il defunto.
2) l'età del congiunto: il danno è tanto maggiore quanto minore è l'età del congiunto superstite;
tale danno infatti è destinato a protrarsi per un tempo maggiore, soprattutto
quando si tratta di minori di età, la cui perdita di un familiare può pregiudicare il loro sviluppo psifofisico;
3) l'età della vittima: anche in questo caso è ragionevole ritenere che il danno sia
inversamente proporzionale all'età della vittima, in considerazione
del progressivo avvicinarsi al naturale termine del ciclo della vita;
4) la convivenza tra la vittima ed il congiunto superstite, dovendosi presumere che il
danno sarà tanto maggiore quanto più costante e assidua è stata la frequentazione tra
la vittima ed il superstite.
Infine, un altro fattore che influisce sull'entità del risarcimento è la presenza all'interno del nucleo familiare
di altri conviventi o di altri familiari non conviventi
(fino al 2° grado di parentela);
infatti il danno derivante dalla perdita è sicuramente maggiore se il congiunto superstite rimane solo,
privo di quell'assistenza morale e materiale che gli derivano dal convivere con un'altra persona o dalla presenza di altri familiari,
anche se non conviventi.
In conseguenza della condotta illecita altrui, sorgono in capo alla vittima coinvolta in un sinistro una serie di danni
che maturano direttamente nella sua sfera giuridica: in caso di morte della vittima, il diritto a chiedere il risarcimento
di tali danni viene trasmesso iure successionis agli eredi secondo lo schema di cui all'art. 565 c.c.
Naturalmente perchè si possa parlare di trasmissibilità agli eredi della pretesa risarcitoria è necessario,
secondo la dottrina e giurisprudenza maggioritarie, che sia intercorso un apprezzabile lasso di tempo tra
l'evento causativo del danno e la morte della vittima, in quanto si è affermato che
"occorre un lasso di tempo sufficiente perchè si concretizzi quella perdita di utilità, fonte dell'obbligazione risarcitoria"
(Cass. Civ. 28/11/1998 n. 12083).
Diverso è il concetto di danno tanatologico iure successionis, che viene definito come il danno
derivante dalla morte in sè, nell'ipotesi in cui non intercorra un apprezzabile
lasso di tempo tra la lesione e la morte: è il caso in cui la vittima dell'incidente
muoia immediatamente sul colpo o a brevissima distanza di tempo (es: dopo qualche ora).
La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie tendono a escludere la risarcibilità
di tale tipo di danno: la Suprema Corte ha precisato infatti che "la lesione
dell'integrità fisica con esito letale, intervenuta immediatamente o a breve distanza di tempo
dall'evento lesivo, non è configurabile quale danno biologico, dal momento che la
morte non costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute, ma incide sul
diverso bene giuridico della vita, la cui perdita, per il definitivo venir meno del soggetto
non può tradursi nel contestuale acquisto al patrimonio della vittima,
di un corrispondente diritto al risarcimento trasmissibile agli eredi..."
(Cass. Civ. 23/02/2004 n. 3549)
Di recente proprio in materia di danno tanatologico si è pronunciata nuovamente la
Corte di Cassazione, la quale ha riconosciuto che nel caso di danno da morte immediata
o tanatologico il giudice potrà liquidare solo il danno morale alla vittima di lesioni fisiche,
alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia
in consapevole attesa della fine (Cass. civ. s.u. 11/11/2008 n. 26972).
Per ulteriori informazioni leggi la nota esplicativa del Tribunale di Roma.
Consulta le ultime tabelle di liquidazione pubblicate:
Tribunale di Roma 2023.
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