[1] La Corte costituzionale, con sentenza 22-30 giugno 1994, n. 265 (in G.U. 1a s.s. 06/07/1994, n. 28), ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale degli artt. 516 e 517 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevedono la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, relativamente al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero quando l'imputato ha tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni".
[2] La Corte costituzionale, con la sentenza 15-29 dicembre 1995, n. 530 (G.U. 1a s.s. 3/1/1996 n. 1), ha dichiarato "in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 516 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di proporre domanda di oblazione, ai sensi degli artt. 162 e 162-bis del codice penale, relativamente al fatto diverso contestato in dibattimento".
[3] Il D. Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace decorso il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, lettera r), della legge 16 luglio 1997, n. 254, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3".
[4] Il D. Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, come modificato dalla L. 16 giugno 1998, n. 188, ha disposto (con l'art. 247, comma 1) che "Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e diventa efficace a decorrere dal 2 giugno 1999, fatta eccezione per le disposizioni previste dagli articoli 17, 33, comma 1, 38, comma 1 e 40, commi 1 e 3".
[5] La Corte Costituzionale, con sentenza 14 - 18 dicembre 2009, n. 333 (in G.U. 1 s.s. 23/12/2009, n. 51), ha disposto "in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 516 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al fatto diverso contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale".
[6] La Corte Costituzionale, con sentenza 1 - 5 dicembre 2014, n. 273 (in G.U. 1 s.s. 10/12/2014, n. 51), ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 516 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell'istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione".
[7] La Corte Costituzionale, con sentenza 5-17 luglio 2017, n. 206 (in G.U. 1 s.s. 19/07/2017, n. 29), ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 516 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione della pena a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell'istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione".
[8] La Corte costituzionale, con sentenza 16 gennaio - 11 febbraio 2020, n. 14 (in G.U. 1a s.s. 12/02/2020, n. 7), ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 516 del codice di procedura penale, nella parte in cui, in seguito alla modifica dell'originaria imputazione, non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova".