DECRETO LEGISLATIVO 26 marzo 2001, n. 151

(in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 26 aprile, n. 96).


Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53.


Testo vigente al 1° settembre 2013


Parte Seconda - Artt. dal n. 1 al n. 46




Capo I
Disposizioni generali


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visto l'articolo 87 della Costituzione;

Visto l'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53, recante delega

al Governo per l'emanazione di un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternita' e della paternita', nel quale devono essere riunite e coordinate tra loro le disposizioni vigenti in materia, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo;

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri,

adottata nella riunione del 15 dicembre 2000;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione

consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 15 gennaio 2001;

Acquisito il parere delle competenti commissioni parlamentari;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella

riunione del 21 marzo 2001;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del

Ministro per la solidarieta' sociale, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanita', per le pari opportunita' e per la funzione pubblica;


Emana il seguente decreto legislativo:

Art. 1.

Oggetto;

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1, comma 5;

legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 17, comma 3)


1. Il presente testo unico disciplina i congedi, i riposi, i

permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternita' e paternita' di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonche' il sostegno economico alla maternita' e alla paternita'.

2. Sono fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite da

leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione.


Art. 2.

Definizioni

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 1, e 13)


1. Ai fini del presente testo unico:

a) per "congedo di maternita'" si intende l'astensione

obbligatoria dal lavoro della lavoratrice;

b) per "congedo di paternita'" si intende l'astensione dal lavoro

del lavoratore, fruito in alternativa al congedo di maternita';

c) per "congedo parentale", si intende l'astensione facoltativa

della lavoratrice o del lavoratore;

d) per "congedo per la malattia del figlio" si intende

l'astensione facoltativa dal lavoro della lavoratrice o del lavoratore in dipendenza della malattia stessa;

e) per "lavoratrice" o "lavoratore", salvo che non sia altrimenti

specificato, si intendono i dipendenti, compresi quelli con contratto di apprendistato, di amministrazioni pubbliche, di privati datori di lavoro nonche' i soci lavoratori di cooperative.

2. Le indennita' di cui al presente testo unico corrispondono, per

le pubbliche amministrazioni, ai trattamenti economici previsti, ai sensi della legislazione vigente, da disposizioni normative e contrattuali. I trattamenti economici non possono essere inferiori alle predette indennita'.


Art. 3

(( (Divieto di discriminazione)


1. E' vietata qualsiasi discriminazione per ragioni connesse al

sesso, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, con particolare riguardo ad ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonche' di maternita' o paternita', anche adottive, ovvero in ragione della titolarita' e dell'esercizio dei relativi diritti.))


Art. 4

Sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 11;

legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 10)


1. In sostituzione delle lavoratrici e dei lavoratori assenti dal

lavoro, in virtu' delle disposizioni del presente testo unico, il datore di lavoro puo' assumere personale con contratto a tempo determinato o ((utilizzare personale con contratto)) temporaneo, ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 1, secondo comma, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230, e dell'articolo 1, comma 2, lettera c), della legge 24 giugno 1997, n. 196, e con l'osservanza delle disposizioni delle leggi medesime.

2. L'assunzione di personale a tempo determinato e

((l'utilizzazione)) di personale temporaneo, in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo ai sensi del presente testo unico puo' avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo di inizio del congedo, salvo periodi superiori previsti dalla contrattazione collettiva.

3. Nelle aziende con meno di venti dipendenti, per i contributi a

carico del datore di lavoro che assume personale con contratto a tempo determinato in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo, e' concesso uno sgravio contributivo del 50 per cento. Quando la sostituzione avviene con contratto di lavoro temporaneo, l'impresa utilizzatrice recupera dalla societa' di fornitura le somme corrispondenti allo sgravio da questa ottenuto.

4. Le disposizioni del comma 3 trovano applicazione fino al

compimento di un anno di eta' del figlio della lavoratrice o del lavoratore in congedo o per un anno dall'accoglienza del minore adottato o in affidamento.

5. Nelle aziende in cui operano lavoratrici autonome di cui al Capo

XI, e' possibile procedere, in caso di maternita' delle suddette lavoratrici, e comunque entro il primo anno di eta' del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, all'assunzione di personale a tempo determinato e di personale temporaneo, per un periodo massimo di dodici mesi, con le medesime agevolazioni di cui al comma 3.


Art. 5.

Anticipazione del trattamento di fine rapporto

(legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 7)


1. Durante i periodi di fruizione dei congedi di cui all'articolo

32, il trattamento di fine rapporto puo' essere anticipato ai fini del sostegno economico, ai sensi dell'articolo 7 della legge 8 marzo 2000, n. 53. Gli statuti delle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, possono prevedere la possibilita' di conseguire tale anticipazione.


Capo II
Tutela della salute della lavoratrice


Art. 6.

Tutela della sicurezza e della salute

(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 1;

legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 9)


1. Il presente Capo prescrive misure per la tutela della sicurezza

e della salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di eta' del figlio, che hanno informato il datore di lavoro del proprio stato, conformemente alle disposizioni vigenti, fatto salvo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 8.

2. La tutela si applica, altresi', alle lavoratrici che hanno

ricevuto bambini in adozione o in affidamento, fino al compimento dei sette mesi di eta'.

3. Salva l'ordinaria assistenza sanitaria e ospedaliera a carico

del Servizio sanitario nazionale, le lavoratrici, durante la gravidanza, possono fruire presso le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, con esclusione dal costo delle prestazioni erogate, oltre che delle periodiche visite ostetrico-ginecologiche, delle prestazioni specialistiche per la tutela della maternita', in funzione preconcezionale e di prevenzione del rischio fetale, previste dal decreto del Ministro della sanita' di cui all'articolo 1, comma 5, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, purche' prescritte secondo le modalita' ivi indicate.


Art. 7.

Lavori vietati

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 3, 30, comma 8, e 31,

comma 1; decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 3;

legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 12, comma 3)


1. E' vietato adibire le lavoratrici al trasporto e al sollevamento

di pesi, nonche' ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri. I lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono indicati dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, riportato nell'allegato A del presente testo unico. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanita' e per la solidarieta' sociale, sentite le parti sociali, provvede ad aggiornare l'elenco di cui all'allegato A.

2. Tra i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono inclusi

quelli che comportano il rischio di esposizione agli agenti ed alle condizioni di lavoro, indicati nell'elenco di cui all'allegato B.

3. La lavoratrice e' addetta ad altre mansioni per il periodo per

il quale e' previsto il divieto.

4. La lavoratrice e', altresi', spostata ad altre mansioni nei casi

in cui i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna.

5. La lavoratrice adibita a mansioni inferiori a quelle abituali

conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonche' la qualifica originale. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora la lavoratrice sia adibita a mansioni equivalenti o superiori.

6. Quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre

mansioni, il servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio, puo' disporre l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui al presente Capo, in attuazione di quanto previsto all'articolo 17.

7. L'inosservanza delle disposizioni contenute nei commi 1, 2, 3 e

4 e' punita con l'arresto fino a sei mesi.


Art. 8.

Esposizione a radiazioni ionizzanti

(decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, art. 69)


1. Le donne, durante la gravidanza, non possono svolgere attivita'

in zone classificate o, comunque, essere adibite ad attivita' che potrebbero esporre il nascituro ad una dose che ecceda un millisievert durante il periodo della gravidanza.

2. E' fatto obbligo alle lavoratrici di comunicare al datore di

lavoro il proprio stato di gravidanza, non appena accertato.

3. E' altresi' vietato adibire le donne che allattano ad attivita'

comportanti un rischio di contaminazione.


Art. 9.

Polizia di Stato, penitenziaria e municipale

(legge 7 agosto 1990, n. 232, art. 13;

legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 14)


1. Fermo restando quanto previsto dal presente Capo, durante la

gravidanza e' vietato adibire al lavoro operativo le appartenenti alla Polizia di Stato.

2. Per le appartenenti alla Polizia di Stato, gli accertamenti

tecnico-sanitari previsti dal presente testo unico sono devoluti al servizio sanitario dell'amministrazione della pubblica sicurezza, in conformita' all'articolo 6, lettera z), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni.

3. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano al personale

femminile del corpo di polizia penitenziaria e ai corpi di polizia municipale.


Art. 10

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 15 MARZO 2010, N. 66))


Art. 11.

Valutazione dei rischi

(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 4)


1. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 7, commi 1 e 2, il

datore di lavoro, nell'ambito ed agli effetti della valutazione di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, valuta i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, in particolare i rischi di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici, processi o condizioni di lavoro di cui all'allegato C, nel rispetto delle linee direttrici elaborate dalla Commissione dell'Unione europea, individuando le misure di prevenzione e protezione da adottare.

2. L'obbligo di informazione stabilito dall'articolo 21 del decreto

legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, comprende quello di informare le lavoratrici ed i loro rappresentati per la sicurezza sui risultati della valutazione e sulle conseguenti misure di protezione e di prevenzione adottate.


Art. 12.

Conseguenze della valutazione

(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 5)


1. Qualora i risultati della valutazione di cui all'articolo 11,

comma 1, rivelino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro adotta le misure necessarie affinche' l'esposizione al rischio delle lavoratrici sia evitata, modificandone temporaneamente le condizioni o l'orario di lavoro.

2. Ove la modifica delle condizioni o dell'orario di lavoro non sia

possibile per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro applica quanto stabilito dall'articolo 7, commi 3, 4 e 5, dandone contestuale informazione scritta al servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio, che puo' disporre l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui all'articolo 6, comma 1, in attuazione di quanto previsto all'articolo 17.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 trovano applicazione al di

fuori dei casi di divieto sanciti dall'articolo 7, commi 1 e 2.

4. L'inosservanza della disposizione di cui al comma 1 e' punita

con la sanzione di cui all'articolo 7, comma 7.


Art. 13.

Adeguamento alla disciplina comunitaria

(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, articoli 2 e 8)


1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,

di concerto con il Ministro della sanita', sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, sono recepite le linee direttrici elaborate dalla Commissione dell'Unione europea, concernenti la valutazione degli agenti chimici, fisici e biologici, nonche' dei processi industriali ritenuti pericolosi per la sicurezza o la salute delle lavoratrici e riguardanti anche i movimenti, le posizioni di lavoro, la fatica mentale e fisica e gli altri disagi fisici e mentali connessi con l'attivita' svolta dalle predette lavoratrici.

2. Con la stessa procedura di cui al comma 1, si provvede ad

adeguare ed integrare la disciplina contenuta nel decreto di cui al comma 1, nonche' a modificare ed integrare gli elenchi di cui agli allegati B e C, in conformita' alle modifiche alle linee direttrici e alle altre modifiche adottate in sede comunitaria.


Art. 14.

Controlli prenatali

(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 7)


1. Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per

l'effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbono essere eseguiti durante l'orario di lavoro.

2. Per la fruizione dei permessi di cui al comma 1 le lavoratrici

presentano al datore di lavoro apposita istanza e successivamente presentano la relativa documentazione giustificativa attestante la data e l'orario di effettuazione degli esami.


Art. 15.

Disposizioni applicabili

(decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 9)


1. Per quanto non diversamente previsto dal presente Capo, restano

ferme le disposizioni recate dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, nonche' da ogni altra disposizione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.


Capo III
Congedo di maternita'


Art. 16

Divieto di adibire al lavoro le donne

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, comma 1 e 4)


1. E' vietato adibire al lavoro le donne:

a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'articolo 20;

b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;

c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'articolo 20; (20)

d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternita' dopo il parto.

((1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione, nonche' in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternita', le lavoratrici hanno facolta' di riprendere in qualunque momento l'attivita' lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.))


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AGGIORNAMENTO (20)

La Corte Costituzionale, con sentenza 4 - 7 aprile 2011, n. 116 (in G.U. 1a s.s. 13/4/2011, n. 16), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 16, lettera c), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non consente, nell'ipotesi di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, che la madre lavoratrice possa fruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data d'ingresso del bambino nella casa familiare".


Art. 17

Estensione del divieto

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, commi 2 e 3, 5, e 30, commi 6, 7, 9 e 10)


1. Il divieto e' anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino all'emanazione del primo decreto ministeriale, l'anticipazione del divieto di lavoro e' disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.

((2. La Direzione territoriale del lavoro e la ASL dispongono, secondo quanto previsto dai commi 3 e 4, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino al periodo di astensione di cui alla lettera a), comma 1, dell'articolo 16 o fino ai periodi di astensione di cui all'articolo 7, comma 6, e all'articolo 12, comma 2, per uno o piu' periodi, la cui durata sara' determinata dalla Direzione territoriale del lavoro o dalla ASL per i seguenti motivi: a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza; b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino; c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12.)) ((23))

3. L'astensione dal lavoro di cui alla lettera a) del comma 2 ((e' disposta dall'azienda sanitaria locale, con modalita' definite con Accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano,)), secondo le risultanze dell'accertamento medico ivi previsto. In ogni caso il provvedimento dovra' essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell'istanza della lavoratrice. ((23))

4. L'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del comma 2 ((e' disposta dalla Direzione territoriale del lavoro)), d'ufficio o su istanza della lavoratrice, qualora nel corso della propria attivita' di vigilanza ((emerga)) l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione medesima. ((23))

5. I provvedimenti ((. . .)) previsti dai presente articolo sono definitivi. ((23))

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AGGIORNAMENTO (23)

Il D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, ha disposto (con l'art. 15, comma 1, alinea) che le modifiche di cui al presente articolo decorrono dal 1° aprile 2012.


Art. 18.

Sanzioni

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 1)


1. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 16 e

17 e' punita con l'arresto fino a sei mesi.


Art. 19.

Interruzione della gravidanza

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 20)


1. L'interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei

casi previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194, e' considerata a tutti gli effetti come malattia.

2. Ai sensi dell'articolo 17 della legge 22 maggio 1978, n. 194, la

pena prevista per chiunque cagioni ad una donna, per colpa, l'interruzione della gravidanza o un parto prematuro e' aumentata se il fatto e' commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro.


Art. 20.

Flessibilita' del congedo di maternita'

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4-bis;

legge 8 marzo 2000,n. 53, art. 12, comma 2)


1. Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternita',

le lavoratrici hanno la facolta' di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto

con i Ministri della sanita' e per la solidarieta' sociale, sentite le parti sociali, definisce con proprio decreto l'elenco dei lavori ai quali non si applicano le disposizioni del comma 1.


Art. 21.

Documentazione

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, comma 5, e 28)


1. Prima dell'inizio del periodo di divieto di lavoro di cui all'articolo 16, lettera a), le lavoratrici devono consegnare al datore di lavoro e all'istituto erogatore dell'indennita' di maternita' il certificato medico indicante la data presunta del parto. La data indicata nel certificato fa stato, nonostante qualsiasi errore di previsione.

((1-bis. A decorrere dal termine indicato nel comma 2-ter, il certificato medico di gravidanza indicante la data presunta del parto deve essere inviato all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) esclusivamente per via telematica direttamente dal medico del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato, secondo le modalita' e utilizzando i servizi definiti con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, utilizzando il sistema di trasmissione delle certificazioni di malattia, di cui al decreto del Ministro della salute 26 febbraio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 19 marzo 2010, n. 65.))

2. La lavoratrice e' tenuta a presentare, entro trenta giorni, il certificato di nascita del figlio, ovvero la dichiarazione sostitutiva, ai sensi dell'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

((2-bis. La trasmissione all'INPS del certificato di parto o del certificato di interruzione di gravidanza deve essere effettuata esclusivamente per via telematica dalla competente struttura sanitaria pubblica o privata convenzionata con il Servizio sanitario nazionale, secondo le modalita' e utilizzando i servizi definiti con il decreto interministeriale di cui al comma 1-bis.

2-ter. Le modalita' di comunicazione di cui ai commi 1-bis e 2-bis trovano applicazione a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui al comma 1-bis.

2-quater. Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2-ter rimane in vigore l'obbligo per la lavoratrice di consegnare all'INPS il certificato medico di gravidanza indicante la data presunta del parto, a sensi del comma 1, nonche' la dichiarazione sostitutiva attestante la data del parto, ai sensi dell'articolo 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni)).


Art. 22

Trattamento economico e normativo

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 6, 8 e 15, commi 1 e 5;

legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 3, comma 2;

decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, commi 4 e 5)


1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennita' giornaliera pari

all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternita', anche in attuazione degli articoli 7, comma 6, e 12, comma 2.

((2. L'indennita' di maternita', comprensiva di ogni altra

indennita' spettante per malattia, e' corrisposta con le modalita' di cui all'articolo 1, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, e con gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie.))

3. I periodi di congedo di maternita' devono essere computati

nell'anzianita' di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilita' o alla gratifica natalizia e alle ferie.

4. I medesimi periodi non si computano ai fini del raggiungimento

dei limiti di permanenza nelle liste di mobilita' di cui all'articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell'indennita' di mobilita'. I medesimi periodi si computano ai fini del raggiungimento del limite minimo di sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare dell'indennita' di mobilita'.

5. Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione

nella carriera, come attivita' lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti.

6. Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice

ad altro titolo non vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternita'.

7. Non viene cancellata dalla lista di mobilita' ai sensi

dell'articolo 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223, la lavoratrice che, in periodo di congedo di maternita', rifiuta l'offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilita', ovvero l'avviamento a corsi di formazione professionale.


Art. 23.

Calcolo dell'indennita'

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 16)


1. Agli effetti della determinazione della misura dell'indennita',

per retribuzione s'intende la retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo di maternita'.

2. Al suddetto importo va aggiunto il rateo giornaliero relativo

alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilita' e agli altri premi o mensilita' o trattamenti accessori eventualmente erogati alla lavoratrice.

3. Concorrono a formare la retribuzione gli stessi elementi che

vengono considerati agli effetti della determinazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria per le indennita' economiche di malattia.

4. Per retribuzione media globale giornaliera si intende l'importo

che si ottiene dividendo per trenta l'importo totale della retribuzione del mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo. Qualora le lavoratrici non abbiano svolto l'intero periodo lavorativo mensile per sospensione del rapporto di lavoro con diritto alla conservazione del posto per interruzione del rapporto stesso o per recente assunzione si applica quanto previsto al comma 5, lettera c).

5. Nei confronti delle operaie dei settori non agricoli, per

retribuzione media globale giornaliera s'intende:

a) nei casi in cui, o per contratto di lavoro o per la

effettuazione di ore di lavoro straordinario, l'orario medio effettivamente praticato superi le otto ore giornaliere, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero dei giorni lavorati o comunque retribuiti;

b) nei casi in cui, o per esigenze organizzative contingenti

dell'azienda o per particolari ragioni di carattere personale della lavoratrice, l'orario medio effettivamente praticato risulti inferiore a quello previsto dal contratto di lavoro della categoria, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero delle ore di lavoro effettuato e moltiplicando il quoziente ottenuto per il numero delle ore giornaliere di lavoro previste dal contratto stesso. Nei casi in cui i contratti di lavoro prevedano, nell'ambito di una settimana, un orario di lavoro identico per i primi cinque giorni della settimana e un orario ridotto per il sesto giorno, l'orario giornaliero e' quello che si ottiene dividendo per sei il numero complessivo delle ore settimanali contrattualmente stabilite;

c) in tutti gli altri casi, l'importo che si ottiene dividendo

l'ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero di giorni lavorati, o comunque retribuiti, risultanti dal periodo stesso.


Art. 24.

Prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17;

decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, comma 3)


1. L'indennita' di maternita' e' corrisposta anche nei casi di

risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall'articolo 54, comma 3, lettere b) e c), che si verifichino durante i periodi di congedo di maternita' previsti dagli articoli 16 e 17. ((2))

2. Le lavoratrici gestanti che si trovino, all'inizio del periodo

di congedo di maternita', sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupate, sono ammesse al godimento dell'indennita' giornaliera di maternita' purche' tra l'inizio della sospensione, dell'assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi piu' di sessanta giorni.

3. Ai fini del computo dei predetti sessanta giorni, non si tiene

conto delle assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali, ne' del periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente maternita', ne' del periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento, ne' del periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale.

4. Qualora il congedo di maternita' abbia inizio trascorsi sessanta

giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all'inizio del periodo di congedo stesso, disoccupata e in godimento dell'indennita' di disoccupazione, ha diritto all'indennita' giornaliera di maternita' anziche' all'indennita' ordinaria di disoccupazione.

5. La lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel comma

4, ma che non e' in godimento della indennita' di disoccupazione perche' nell'ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non soggette all'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto all'indennita' giornaliera di maternita', purche' al momento dell'inizio del congedo di maternita' non siano trascorsi piu' di centottanta giorni dalla data di risoluzione del rapporto e, nell'ultimo biennio che precede il suddetto periodo, risultino a suo favore, nell'assicurazione obbligatoria per le indennita' di maternita', ventisei contributi settimanali.

6. La lavoratrice che, nel caso di congedo di maternita' iniziato

dopo sessanta giorni dalla data di sospensione dal lavoro, si trovi, all'inizio del congedo stesso, sospesa e in godimento del trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni, ha diritto, in luogo di tale trattamento, all'indennita' giornaliera di maternita'.

7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche

ai casi di fruizione dell'indennita' di mobilita' di cui all'articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223.

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AGGIORNAMENTO (2)

La Corte Costituzionale con sentenza 3 - 14 dicembre 2001, n. 405

(in G.U. 1a s.s. 19/12/2001, n. 49) ha dichiarato "in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui esclude la corresponsione dell'indennita' di maternita' nell'ipotesi prevista dall'art. 54, comma 3, lettera a), del medesimo decreto legislativo".


Art. 25.

Trattamento previdenziale

(decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, art. 2, commi 1, 4, 6)


1. Per i periodi di congedo di maternita', non e' richiesta, in

costanza di rapporto di lavoro, alcuna anzianita' contributiva pregressa ai fini dell'accreditamento dei contributi figurativi per il diritto alla pensione e per la determinazione della misura stessa.

2. In favore dei soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori

dipendenti e alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti, i periodi corrispondenti al congedo di maternita' di cui agli articoli 16 e 17, verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, sono considerati utili ai fini pensionistici, a condizione che il soggetto possa far valere, all'atto della domanda, almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di lavoro. La contribuzione figurativa viene accreditata secondo le disposizioni di cui all'articolo 8 della legge 23 aprile 1981, n. 155, con effetto dal periodo in cui si colloca l'evento.

3. Per i soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti

ed ai fondi sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti, gli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 2 sono addebitati alla relativa gestione pensionistica. Per i soggetti iscritti ai fondi esclusivi dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita' e la vecchiaia ed i superstiti, gli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 2 sono posti a carico dell'ultima gestione pensionistica del quinquennio lavorativo richiesto nel medesimo comma.


Art. 26.

(( (Adozioni e affidamenti) ))


((1. Il congedo di maternita' come regolato dal presente Capo

spetta, per un periodo massimo di cinque mesi, anche alle lavoratrici che abbiano adottato un minore.

2. In caso di adozione nazionale, il congedo deve essere fruito

durante i primi cinque mesi successivi all'effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice.

3. In caso di adozione internazionale, il congedo puo' essere

fruito prima dell'ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all'estero richiesto per l'incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo puo' essere fruito entro i cinque mesi successivi all'ingresso del minore in Italia.

4. La lavoratrice che, per il periodo di permanenza all'estero di

cui al comma 3, non richieda o richieda solo in parte il congedo di maternita', puo' fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennita'.

5. L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la

procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all'estero della lavoratrice.

6. Nel caso di affidamento di minore, il congedo puo' essere fruito

entro cinque mesi dall'affidamento, per un periodo massimo di tre mesi)).


Art. 27.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 24 DICEMBRE 2007, N. 244))


Capo IV
Congedo di paternita'


Art. 28.

Congedo di paternita'

(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, commi 1 e 2)


1. Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta

la durata del congedo di maternita' o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermita' della madre ovvero di abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.

2. Il padre lavoratore che intenda avvalersi del diritto di cui al

comma 1 presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.


Art. 29.

Trattamento economico e normativo

(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 3)


1. Il trattamento economico e normativo e' quello spettante ai

sensi degli articoli 22 e 23.


Art. 30.

Trattamento previdenziale


1. Il trattamento previdenziale e' quello previsto dall'articolo

25.


Art. 31.

(( (Adozioni e affidamenti) ))


((1. Il congedo di cui all'articolo 26, commi 1, 2 e 3, che non sia

stato chiesto dalla lavoratrice spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore.

2. Il congedo di cui all'articolo 26, comma 4, spetta, alle

medesime condizioni, al lavoratore. L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all'estero del lavoratore)).


Capo V
Congedo parentale


Art. 32.

Congedo parentale

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, e 7, commi 1, 2 e 3)


1. Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalita' stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fattosalvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:

a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternita' di cui al Capo III, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;

b) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma 2;

c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi.

((1-bis. La contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalita' di fruizione del congedo di cui al comma 1 su base oraria, nonche' i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. Per il personale del comparto sicurezza e difesa di quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico, la disciplina collettiva prevede, altresi', al fine di tenere conto delle peculiari esigenze di funzionalita' connesse all'espletamento dei relativi servizi istituzionali, specifiche e diverse modalita' di fruizione e di differimento del congedo.))

2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori e' elevato a undici mesi.

3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore e' tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilita', a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalita' e i criteri definiti dai contratti collettivi, ((e comunque con un termine di preavviso non inferiore a quindici giorni con l'indicazione dell'inizio e della fine del periodo di congedo)).

4. Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.

((4-bis. Durante il periodo di congedo, il lavoratore e il datore di lavoro concordano, ove necessario, adeguate misure di ripresa dell'attivita' lavorativa, tenendo conto di quanto eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva)).


Art. 33.

Prolungamento del congedo

(legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, commi 1 e 2;

legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 20)


((1. Per ogni minore con handicap in situazione di gravita' accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento dell'ottavo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all'articolo 32, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.))

2. In alternativa al prolungamento del congedo possono essere fruiti i riposi di cui all'articolo 42, comma 1.

3. Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.

4. ((PERIODO SOPPRESSO DAL D.LGS. 18 LUGLIO 2011, N. 119)). Il prolungamento di cui al comma 1 decorre dal termine del periodo corrispondente alla durata massima del congedo parentale spettante al richiedente ai sensi dell'articolo 32.


Art. 34.

Trattamento economico e normativo

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 15, commi 2 e 4, e 7, comma 5)


1. Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 alle

lavoratrici e ai lavoratori e' dovuta fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi. L'indennita' e' calcolata secondo quanto previsto all'articolo 23, ad esclusione del comma 2 dello stesso.

2. Si applica il comma 1 per tutto il periodo di prolungamento del

congedo di cui all'articolo 33.

3. Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32

ulteriori rispetto a quanto previsto ai commi 1 e 2 e' dovuta un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. Il reddito e' determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo.

4. L'indennita' e' corrisposta con le modalita' di cui all'articolo

22, comma 2.

5. I periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianita' di

servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilita' o alla gratifica natalizia.

6. Si applica quanto previsto all'articolo 22, commi 4, 6 e 7.


Art. 35.

Trattamento previdenziale

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 15, comma 2, lettere a) e b);

decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, articoli 2, commi 2, 3 e 5)


1. I periodi di congedo parentale che danno diritto al trattamento

economico e normativo di cui all'articolo 34, commi 1 e 2, sono coperti da contribuzione figurativa. Si applica quanto previsto al comma 1 dell'articolo 25.

2. I periodi di congedo parentale di cui all'articolo 34, comma 3,

compresi quelli che non danno diritto al trattamento economico, sono coperti da contribuzione figurativa, attribuendo come valore retributivo per tale periodo il 200 per cento del valore massimo dell'assegno sociale, proporzionato ai periodi di riferimento, salva la facolta' di integrazione da parte dell'interessato, con riscatto ai sensi dell'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, ovvero con versamento dei relativi contributi secondo i criteri e le modalita' della prosecuzione volontaria.

3. Per i dipendenti di amministrazioni pubbliche e per i soggetti

iscritti ai fondi sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria gestita dall'Istituto nazionale previdenza sociale (INPS) ai quali viene corrisposta una retribuzione ridotta o non viene corrisposta alcuna retribuzione nei periodi di congedo parentale, sussiste il diritto, per la parte differenziale mancante alla misura intera o per l'intera retribuzione mancante, alla contribuzione figurativa da accreditare secondo le disposizioni di cui all'articolo 8 della legge 23 aprile 1981, n. 155.

4. Gli oneri derivanti dal riconoscimento della contribuzione

figurativa di cui al comma 3, per i soggetti iscritti ai fondi esclusivi o sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria, restano a carico della gestione previdenziale cui i soggetti medesimi risultino iscritti durante il predetto periodo.

5. Per i soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti

e alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti, i periodi non coperti da assicurazione e corrispondenti a quelli che danno luogo al congedo parentale, collocati temporalmente al di fuori del rapporto di lavoro, possono essere riscattati, nella misura massima di cinque anni, con le modalita' di cui all'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, e successive modificazioni, a condizione che i richiedenti possano far valere, all'atto della domanda, complessivamente almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di effettiva attivita' lavorativa.


Art. 36.

(( (Adozioni e affidamenti) ))


((1. Il congedo parentale di cui al presente Capo spetta anche nel

caso di adozione, nazionale e internazionale, e di affidamento.

2. Il congedo parentale puo' essere fruito dai genitori adottivi e

affidatari, qualunque sia l'eta' del minore, entro otto anni dall'ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore eta'.

3. L'indennita' di cui all'articolo 34, comma 1, e' dovuta, per il

periodo massimo complessivo ivi previsto, nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia )).


Art. 37.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 24 DICEMBRE 2007, N. 244))


Art. 38.

Sanzioni

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)


1. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti

di assenza dal lavoro di cui al presente Capo sono puniti con la sanzione amministrativa da lire un milione a lire cinque milioni.


Capo VI
((Riposi, permessi e congedi))


Art. 39.

Riposi giornalieri della madre

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10)


1. Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri,

durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo e' uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro e' inferiore a sei ore.

2. I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un'ora

ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda.

3. I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno quando la

lavoratrice fruisca dell'asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell'unita' produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.


Art. 40.

Riposi giornalieri del padre

(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-ter)


1. I periodi di riposo di cui all'articolo 39 sono riconosciuti al

padre lavoratore:

a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;

b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne

avvalga;

c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;

d) in caso di morte o di grave infermita' della madre.


Art. 41.

Riposi per parti plurimi

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10, comma 6)


1. In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e

le ore aggiuntive rispetto a quelle previste dall'articolo 39, comma 1, possono essere utilizzate anche dal padre.


Art. 42

Riposi e permessi per i figli con handicap grave

(legge 8 marzo 2000, n. 53, articoli 4, comma 4-bis, e 20)


1. Fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in situazione di gravita' e in alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale, si applica l'articolo 33, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, relativo alle due ore di riposo giornaliero retribuito.

2. Il diritto a fruire dei permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992 , n. 104, e successive modificazioni, e' riconosciuto, in alternativa alle misure di cui al comma 1, ad entrambi i genitori, anche adottivi, del bambino con handicap in situazione di gravita', che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell'ambito del mese.

3. COMMA ABROGATO DALLA L. 4 NOVEMBRE 2010, N. 183.

4. I riposi e i permessi, ai sensi dell'articolo 33, comma 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono essere cumulati con il congedo parentale ordinario e con il congedo per la malattia del figlio.

5. Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravita' accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi. ((29))

5-bis. Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non puo' superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell'arco della vita lavorativa. Il congedo e' accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza. Il congedo ed i permessi di cui articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 non possono essere riconosciuti a piu' di un lavoratore per l'assistenza alla stessa persona. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravita', i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l'altro genitore non puo' fruire dei benefici di cui all'articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e 33, comma 1, del presente decreto.

5-ter. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennita' corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo e' coperto da contribuzione figurativa; l'indennita' e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo di durata annuale. Detto importo e' rivalutato annualmente, a decorrere dall'anno 2011, sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. L'indennita' e' corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalita' previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternita'. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l'importo dell'indennita' dall'ammontare dei contributi previdenziali dovuti all'ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non e' prevista l'assicurazione per le prestazioni di maternita', l'indennita' di cui al presente comma e' corrisposta con le modalita' di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33.

5-quater. I soggetti che usufruiscono dei congedi di cui al comma 5 per un periodo continuativo non superiore a sei mesi hanno diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa.

5-quinquies. Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilita' e del trattamento di fine rapporto. Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.

6. I riposi, i permessi e i congedi di cui al presente articolo spettano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.


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AGGIORNAMENTO (8)

La Corte Costituzionale con sentenza 8 - 16 giugno 2005, n. 233 (in G.U. 1a s.s. 22/6/2005, n. 25) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e paternita', a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non prevede il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con soggetto con handicap in situazione di gravita' a fruire del congedo ivi indicato, nell'ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati a provvedere all'assistenza del figlio handicappato perche' totalmente inabili".

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AGGIORNAMENTO (11)

La Corte costituzionale con sentenza 18 aprile - 8 maggio 2007, n. 158 (in G.U. 1a s.s. 16/5/2007, n. 19) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente con "soggetto con handicap in situazione di gravita", il diritto a fruire del congedo ivi indicato".

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AGGIORNAMENTO (15)

La Corte costituzionale con sentenza 26 - 30 gennaio 2009, n. 19 (in G.U. 1a s.s. 4/2/2009, n. 5) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e paternita', a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il figlio convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilita' grave".

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AGGIORNAMENTO (29)

La Corte Costituzionale, con sentenza 3 - 18 luglio 2013, n. 203 (in G.U. 1a s.s. 24/7/2013, n. 30), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e paternita', a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabilite, il parente o l'affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilita' grave".


Art. 42-bis

(( (Assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche) ))


((1. Il genitore con figli minori fino a tre anni di eta'

dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, puo' essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attivita' lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda.

2. Il posto temporaneamente lasciato libero non si rendera'

disponibile ai fini di una nuova assunzione.))


Art. 43.

Trattamento economico e normativo

(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 8;

legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 4;

decreto-legge 27 agosto 1993, n. 324, convertito dalla legge 27 ottobre 1993, n. 423, art. 2, comma 3-ter)


1. Per i riposi e i permessi di cui al presente Capo e' dovuta

un'indennita', a carico dell'ente assicuratore, pari all'intero ammontare della retribuzione relativa ai riposi e ai permessi medesimi. L'indennita' e' anticipata dal datore di lavoro ed e' portata a conguaglio con gli apporti contributivi dovuti all'ente assicuratore.

2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 34, comma 5.


Art. 44.

Trattamento previdenziale

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10, comma 5;

legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 4)


1. Ai periodi di riposo di cui al presente Capo si applicano le

disposizioni di cui all'articolo 35, comma 2.

2. I tre giorni di permesso mensile di cui all'articolo 42, commi 2

e 3, sono coperti da contribuzione figurativa.


Art. 45

Adozioni e affidamenti

(legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5;

legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 7)


1. Le disposizioni in materia di riposi di cui agli articoli 39, 40 e 41 si applicano anche in caso di adozione e di affidamento ((entro il primo anno dall'ingresso del minore nella famiglia)). (3)

2. Le disposizioni di cui all'articolo 42 si applicano anche in caso di adozione e di affidamento di soggetti con handicap in situazione di gravita'.

((2-bis. Le disposizioni di cui all'articolo 42-bis si applicano, in caso di adozione ed affidamento, entro i primi tre anni dall'ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dall'eta' del minore.))


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AGGIORNAMENTO (3)

La Corte Costituzionale con sentenza 26 marzo - 1 aprile 2003, n. 104 (in G.U. 1a s.s. 9/4/2003, n. 14) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 45, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001 n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui prevede che i riposi di cui agli artt. 39, 40 e 41 si applichino, anche in caso di adozione e di affidamento, "entro il primo anno di vita del bambino" anziche' "entro il primo anno dall'ingresso del minore nella famiglia"".


Art. 46.

Sanzioni

(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)


1. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 39,

40 e 41 e' punita con la sanzione amministrativa da lire un milione a lire cinque milioni.


PARTE SECONDA (Articoli dal n. 47 al n. 88 ed allegati 1,2,3,4)


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